Ho iniziato ad appassionarmi al Crisis Management quando mia sorella preparava la tesi sulle strategie di gestione crisi di un noto brand per un problema globale. Credo possano essere ormai passati 20 anni o più.
Se può essere vero che all’epoca la rete era giovane è altrettanto vero che nemmeno offline era un argomento, una prassi, un metodo che le aziende prendevano in considerazione, ad ogni crisi andavano in ordine sparso, spesso facendo danni ulteriori.
Il fattaccio di Aurora Leone e della Nazionale Cantanti mi è sembrata la tempesta perfetta, da un lato la magistrale gestione della situazione di Aurora (forse anche ben consigliata dalla potenza professionale dei The Jackal), dall’altra un errore dopo l’altro da chi forse pensa che il solo fatto di gestire un ente importante basti ad andare in guerra con archi e frecce.
Abbiamo quindi assistito ad una disfatta epocale, tempestata dagli errori di comunicazione e gestione tipici di chi non si rende conto che siamo nell’epoca della disintermediazione e che ululare con gli uffici stampa ai media tradizionali non porta da nessuna parte, se non a scavarsi la fossa mediatica da soli.
Oggi, anche senza essere esperti o appassionati di Crisis Management, chiunque dovrebbe capire che innescare una battaglia etica e sociale contro una macchina (o parte di essa) da diversi milioni di follower come i The Jackal, con competenze elevatissime di social media e comunicazione, non porta mai benefici, ma porta alla rovina. Soprattutto su temi divisivi e spinosi come quelli dell’inclusione.
Probabilmente anche un neolaureato con rudimenti di gestione delle crisi avrebbe potuto consigliare a chi di dovere le basi di questi processi e cioè: chiedere scusa, assumersi la responsabilità, proporre una soluzione. Di sicuro non avrebbe consigliato di partire a razzo minimizzando l’accaduto e sminuendo la vittima.
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