Il mio barista mi legge meglio di Google Ads

Quello che coglie un barista in uno sguardo, Google lo manca anche dopo mille click. Una mia riflessione sull’intuizione umana che il digitale non avrà mai.

La macchina del caffè sbuffa, le tazzine tintinnano e l’aroma del caffè riempie l’aria. Vengo in questo bar da anni, da quando ero ragazzino. Il titolare se lo ricorda. Il personale cambia, ma nel giro di qualche settimana anche i nuovi sanno già cosa prendo: macchiato con latte freddo e brioche alla marmellata. Mi accomodo al mio solito tavolino con il giornale locale Quando è dietro al bancone, il proprietario preferisce servirmi lui. Non si limita a portarmi “il solito”. Prima osserva.


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Audizione al Ministero dell’Istruzione

Ho avuto l’onore di intervenire in audizione al tavolo tecnico del Ministero dell’Istruzione dedicato al contrasto al cyberbullismo e allo sviluppo di una comunicazione efficace e positiva, assieme anche a rappresentanti di Google e Meta.

Sono intervenuto su temi che per me sono da sempre fondamentali: ho portato la visione degli insegnanti che formo sul bullismo, l’esperienza del Digital Security Festival, con cui incontro ogni anno centinaia di ragazzi e ragazze nelle scuole, e ho avuto la possibilità di spiegare come, con il mio neologismo Sonnambuli Digitali, voglio confutare la credenza comune che i giovani siano davvero nativi digitali. Inoltre ho potuto parlare del mio libro Digitalogia, che raccoglie riflessioni e strumenti utili proprio per affrontare queste sfide culturali.


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Il negozio che Amazon non ha ucciso: una lezione di umanità digitale

Quando la memoria vale più dei dati

C’è un negozio di elettrodomestici, nella piccola cittadina dell’estremo nordest d’Italia dove vivo, incastonata fra Venezia, l’Austria e la Slovenia, che frequento da trent’anni. E forse la mia famiglia da ancora più tempo. E no, non è morto. Nonostante Amazon, i centri commerciali, le catene, gli ipermercati e la corsa agli sconti digitali. Anzi, è più vivo che mai.


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Digitalogia: un po’ di sanità digitale, dall’Italia per il mondo

Meno strumenti, meno fuffa, più presenza.

Dicono che non si può sfuggire al mondo digitale, e forse è vero, ma non serve nemmeno fuggire: basta guardarlo diversamente. E sì, se ve lo stavate chiedendo, il titolo probabilmente è esagerato.

La Digitalogia non è una moda grazie a dio, è un modo che ho distillato nel tempo, negli anni, di guardare la vita satura di tecnologia senza hype e senza cercare vie di fuga. Non promette disintossicazione, offre digestione.


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Padroni digitali e testardaggine italiana

Perché dovremmo smettere di costruire i nostri business solo su terreni digitali in affitto

Nella Silicon Valley, la velocità è sacra. Scala velocemente. Automatizza. Ottimizza. Muoviti veloce e rompi le cose (sii disruptive). In Italia, dovremmo muoverci diversamente. Abbiamo secoli di esperienza con “padroni di casa” che cambiano le regole. Eppure continuiamo a fidarci di quelli digitali.


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Keynote speaker a Como al Rotary Club per la serata Cyber Impact

La scorsa settimana ho avuto l’onore di essere il keynote speaker di uno degli incontri strategici del Rotary Club Como Baradello, per l’appuntamento “Cyber Impact: l’evoluzione dal web all’AI”. Ho parlato al Palace Hotel affacciato sul lago di Como, davanti a una platea formata da imprenditori, professionisti, dirigenti e fondatori di importanti realtà nazionali e internazionali. Il tipo di pubblico con cui è un piacere parlare di digitale e futuro, perché ascolta davvero.


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Hai mai sentito parlare di un Digitologo? Forse lo sei anche tu

Due parole che l’Italia tecnologica stava aspettando, ma che nessuno aveva davvero ancora definito.

Questi vocaboli forse erano già comparsi online da qualche parte, ma il loro significato no. “Digitalogia.” “Digitologo.” Cercali in rete e troverai poco o niente in Italia, a parte le ricorrenze del titolo del mio libro. Per quanto ne so, nessuno li ha mai usati, in pratica è come se avessi coniato dei neologismi, e comunque ho dato ordine al valore dei termini e alla loro correlazione.

Nel nostro Paese amiamo importare espressioni dall’inglese per tutto ciò che riguarda il mondo connesso. Growth hacking. Digital transformation. Social media manager. Ma quando si tratta della filosofia di convivere consapevolmente con la tecnologia, il vocabolario diventa confuso.


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I ragazzi non sono nativi digitali, ma sonnambuli digitali

Altro che nativi: i ragazzi camminano nel digitale come sonnambuli. E noi glielo lasciamo fare.

Ci piace dire che sono nativi digitali perché “nati con la tecnologia”. Che sono più svegli di noi. Che ci superano in tutto: velocità, destrezza, istinto. Basta guardarli usare uno smartphone per convincersi che il futuro sia già nelle loro mani. Ma il futuro non si maneggia: si capisce. E loro, semplicemente, non lo capiscono. E non è uno di quei pipponi da boomer nostalgico: io non voglio tornare negli anni ’90 fra walkman e partite di pallone in strada. Non ho mai giocato a pallone in strada. Io amo il digitale.


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Quando ChatGPT diventa il tuo supporto tecnico personale

Cosa succede quando il futuro del lavoro risolve i problemi del tuo Mac prima del team di assistenza ufficiale?

Il mio MacBook Pro nuovo di zecca aveva un problema strano. Ogni pochi minuti si bloccava per cinque secondi: abbastanza per farmi impazzire, ma non abbastanza per essere diagnosticabile. Nessun crash, nessun avviso, nessuna soluzione ovvia. Così ho chiesto a ChatGPT. Non a un motore di ricerca, non a un tecnico umano: a un assistente di intelligenza artificiale.


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