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Diego Piacentini e il dramma del digitale in Italia

Mi è capitato di “criticare” il lavoro svolto da Diego Piacentini in diversi commenti di post su Facebook “iper leccaculo” pubblicati da chi non ha mai pubblicato niente se non ora che se ne va e se non per elogiarlo. Qui vi racconto come la penso.

Ho sempre avuto la correttezza di dire che la colpa non era più di tanto sua, ma del colabrodo italico della PA. Al contempo però ho sempre cercato di non farlo passare per un santo che con la sola sua professionalità poteva dare un colpo di bacchetta magica e risolvere tutto. Non entrerò nel merito del possibile conflitto di interessi nell’essere un “uomo del governo” e contemporaneamente un “uomo di Amazon” (sebbene in pausa), credo fermamente nella sua trasparenza.

 

In una puntata del mio programma TV ho parlato di lui (e del suo famoso tweet in cui lamentava una difficoltà generalizzata) mentre spiegavo assieme ad un ospite esperto di “sanità digitale”, che oggi in Italia non riescono nemmeno a comunicare due ASL della stessa regione, figuriamoci a livello nazionale! Per il semplice fatto che non sono collegate a 50 km, figuriamoci a 500 km.

 

Italia digitale: una situazione drammatica

 

Riconosco che è partito da una situazione drammatica ma purtroppo ci ha lasciato in una situazione drammatica, sbattendo continuamente su un enorme muro di gomma, posso però riconoscergli il coraggio di aver preso in mano una enorme patata bollente. Me lo immagino mentre fà il diavolo a quattro ma nessuno lo ascolta, o peggio, lo ascolta ma poi non succede nulla.

Ammetto di non essere un programmatore, un esperto di reti o un sistemista, le mie competenze vertono su altri ambiti del digitale, ma ho gli strumenti e le conoscenze per farmi una idea precisa dei processi di digitalizzazione.

 

Purtroppo, e lo dico in questo caso solo da fruitore, io sto continuando proprio in questi giorni a correre da un ufficio all’altro con plichi di carte e fotocopie e se chiedo di poter agire in digitale, quasi mi ridono in faccia. Questo denota un problema a monte di tutto, prima ancora del software, delle reti e delle banche dati: la mentalità. In Italia non c’è la mentalità adatta alla digitalizzazione, peggio, sembra ci sia quasi una volontà anti-digitalizzazione.

 

Quindi sì, nel profondo può aver anche lavorato bene e fatto un sacco di cose, pianificato un sacco di progetti, sviluppato un sacco di idee, ma fintanto negli uffici pubblici saranno ancora fermi a Windows 95 e non sapranno leggere una PEC, nemmeno mettendo Gates a capo del team, cambierà qualcosa.

 

 

Tutti i diritti riservati. Opera letteraria  protetta da certificato di deposito Patamu N. 90365.

Immagine tratta liberamente da linkiesta.it – credits: Annika Haas via flickr.com

 

Gabriele Gobbo

Gabriele Gobbo è, assieme al fratello Ivan, il fondatore di Italiamac, il principale e più vasto Apple User Group d’Italia riconosciuto da Apple Inc. Utente Apple da sempre, ha iniziato con un Macintosh LC con la strabiliante potenza di 2MB di Ram. Gabriele è un profondo conoscitore delle “cose della rete” e attraverso la sua azienda MacPremium sviluppa progetti e strategie digitali evolute per le aziende. Dalla presenza sul web al social marketing, dalle attività non convenzionali al marketing virale. Sovente tiene seminari sulle strategie di marketing per la promozione di app e aziende. Ha ideato il MacDays organizzato presso la Fiera di Pordenone. Oggi è anche conduttore della trasmissione televisiva FvgTech dedicata alla tecnologia.

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