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Google e i risultati AI danneggiano il traffico verso i siti web?

Se usate spesso Google vi sarete accorti che la parte di risposte AI è sempre più dominante, sempre più completa e sempre più coinvolgente. Io stesso, quando faccio una ricerca, inizio a sostituire il click verso il sito col risultato più promettente con la semplice lettura del risultato di AI Overview, che purtroppo per gli editori diviene sempre più preciso. Inizialmente, forse come tutti, non mi fidavo più di tanto di quella risposta e andavo comunque a leggere il sito che appariva più adatto, ma via via col tempo ho iniziato a farlo sempre meno. I risultati di AI Overview di Google vengono implementati e approfonditi ogni giorno e appaiono quindi più che sufficienti per la maggior parte delle cose che mi serve sapere tramite il motore di ricerca.

Credo sia così per molti di noi e, essendo sia nella posizione di utente che usa il servizio sia di professionista che pubblica siti web per sé e per i clienti, vedo una grande opportunità per i navigatori e un pericolo più che imminente per gli editori e i publisher. Il fatto di inserire un box con le fonti interpellate dalla AI adiacente al risultato auto-generato non credo sia sufficiente per scongiurare il tracollo di click verso la fonte.

Di questo sento parlare ogni giorno di più e leggo post sui social di persone che si felicitano di essere finiti fra le fonti citate accanto al risultato AI, approccio che personalmente considero come una sorta di doppia personalità: come fa un editore a essere felice che un suo contenuto utile venga fagocitato e risputato dalla AI, sottraendo traffico al proprio sito?

Secondo me, in pochissimi cliccano sul box delle sorgenti per andare ad approfondire: non sono così ben usabili, non hanno un grande invito al click e la risposta dell’intelligenza artificiale è quasi sempre già esaustiva. Ma questa non è solo una mia sensazione, anzi è una tendenza di mercato. Google e compagnia, infatti, stanno cambiando silenziosamente le regole del gioco, e non certo a favore di noi che produciamo contenuti. Se fino a ieri ci lamentavamo degli algoritmi della SERP che decidevano chi far salire o chi far sparire nelle ricerche, oggi dobbiamo preoccuparci seriamente dell’intelligenza artificiale che azzera direttamente il bisogno di cliccare. Non è un’impressione: ogni volta che compare il nuovo AI Overview di Google, il CTR organico medio precipita dal 4,1% al 2,7%, come raccontano i dati di Search Engine Land. Una caduta verticale.

E come dice il Financial Times citando dati Bain & Company, nel 60% delle ricerche in cui vediamo quelle risposte sintetiche, chi sta cercando chiude tutto senza nemmeno entrare in un sito. E così noi, che costruiamo valore attraverso articoli, reportage, approfondimenti, ci ritroviamo a produrre per un pubblico che ormai si ferma prima ancora di incontrarci. 

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Gabriele Gobbo

Gabriele Gobbo è, assieme al fratello Ivan, il fondatore di Italiamac, il principale e più vasto Apple User Group d’Italia riconosciuto da Apple Inc. Utente Apple da sempre, ha iniziato con un Macintosh LC con la strabiliante potenza di 2MB di Ram. Gabriele è un profondo conoscitore delle “cose della rete” e attraverso la sua azienda MacPremium sviluppa progetti e strategie digitali evolute per le aziende. Dalla presenza sul web al social marketing, dalle attività non convenzionali al marketing virale. Sovente tiene seminari sulle strategie di marketing per la promozione di app e aziende. Ha ideato il MacDays organizzato presso la Fiera di Pordenone. Oggi è anche conduttore della trasmissione televisiva FvgTech dedicata alla tecnologia.

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