Il mio intervento a IANextGen: parlare di futuro a chi lo farà

Il mio intervento a IANextGen: parlare di futuro a chi lo farà - 1 - Gabriele Gobbo

Cosa dire a ragazzi che usano l’intelligenza artificiale appena svegli? La mia esperienza davanti a duecento studenti che si costruiranno il futuro digitale.

Sono stato relatore della conferenza IANextGen “Ridisegnare il futuro” organizzata da Infinite Area che connette scuola, università e impresa sul tema dell’intelligenza artificiale. Oltre duecento ragazzi delle classi quarte e quinte dell’Istituto di Istruzione Superiore Einaudi-Scarpa. Davanti a me ragazzi che usano i dispositivi elettronici ogni giorno, che ci sono nati dentro. Quando noi “ultimi analogici” non ci saremo più, saranno loro a gestire tutto quello che oggi chiamiamo “digitale” e che per loro sarà semplicemente l’unica normalità.

La domanda che mi sono fatto mentre guidavo fino a lì suonava tipo “cosa dovrei dire, a quasi cinquant’anni, a dei ragazzi che l’intelligenza artificiale la usano appena si svegliano?” Prima di partire mio figlio mi ha detto: “Ma tu hai più capelli bianchi di ieri. I capelli bianchi sono degli anziani”. Cosa dire a chi potrebbe essere mio figlio?

Un estratto dell’intervento lo potete trovare nel video. Quello che voglio condividere qui sono alcuni temi che ho portato davanti a studenti che rappresentano il futuro e che hanno bisogno di strumenti veri per affrontarlo. Chiavi di lettura, capacità di discernimento, pensiero critico.

Ho parlato di etica, privacy, marketing, intelligenza artificiale e cybersecurity portando esempi concreti dalla pratica professionale. Come il manager su un Frecciarossa che al telefono, ad alta voce e senza cuffie, spiegava dettagli riservati del nuovo software della sua banca. Se qualcuno lo avesse registrato e utilizzato l’AI per unire i puntini e fare un po’ di OSINT, la sua semplice telefonata sarebbe stata pericolosa.

L’estratto video del mio intervento su AI e futuro a IANextGen

E poi ho raccontato come l’intelligenza artificiale amplifica quello che siamo. Un incompetente con l’AI diventa pericolosamente incompetente, senza saperlo. Se le cose le sappiamo, con l’AI potremmo diventare dei super geni, passatemi l’esagerazione. C’è però una cosa che non sono ancora riusciti a rubarci: i sentimenti. O almeno è quello che pensiamo: ormai abbiamo regalato pure quelli, fra app companion e chatbot usati per farsi scrivere la risposta WhatsApp alla compagna di classe che ci piace. Abbiamo dato via anche l’amore.

Quando l’intelligenza artificiale capirà davvero come gestire le emozioni, sarà perché gliele avremo insegnate noi. Il glitch uomo/macchina sparirà, ma il grande bug che nessuno riuscirà mai a chiudere si chiama essere umano, che adora condividere i suoi segreti.

Ma forse la cosa a cui tengo di più e che ho voluto sottolineare è che serve portare nelle aziende un’angolatura diversa. In America apprezzano molto la visione italiana, più riflessiva, più umana. Il Veneto esprime eccellenze pazzesche. Quando Steve Jobs vide per la prima volta il touch screen di Federico Faggin da Vicenza, all’epoca ragazzo, disse che non gli interessava molto. La storia però la conosciamo: Apple ha costruito un impero su quella tecnologia. Ho accennato anche a personaggi come Olivetti e ad altre eccellenze tecnologiche italiane che abbiamo dimenticato o lasciato andare.

Alla fine, ho chiuso il cerchio dicendo che la vera scuola di vita lavorativa si fa nelle grandi aziende, spesso all’estero. Bisogna quindi fare esperienze fuori, imparare, assorbire. Ma poi sarebbe bello tornare a casa e riportare quello che si è imparato, esportando la visione italiana del digitale e importando futuro.

Il pubblico ha seguito, ha fatto domande, si è confrontato. Cercavano chiavi per capire dove stiamo andando, strumenti per decidere da soli. Serve dargli modo di costruire il proprio pensiero critico, di sviluppare discernimento, di imparare a distinguere l’hype dalla sostanza.

Un ringraziamento sentito a Patrizio Bof, fondatore di Infinite Area, per aver creato questo spazio di confronto tra generazioni e competenze diverse a Montebelluna. E grazie al professor Fabrizio Dughiero dell’Università di Padova e a Matteo Biasi, CEO di MetaEsse, per aver condiviso le loro visioni in una giornata che sono certo ha lasciato qualcosa di utile a chi dovrà prendere le decisioni che noi oggi stiamo solo immaginando.

Parlare agli studenti significa dare loro strumenti per costruire un futuro che sarà loro, non nostro.


— Sono l’autore di Digitalogia, già Bestseller Amazon in tre categorie: ‘Social Media’, ‘Introduzione alla sociologia’ e ‘Introduzione a Internet. Ho da poco pubblicato Sinfonia Artificiale. Se queste riflessioni vi toccano, seguitemi su LinkedIn (in italiano) e Medium (in inglese).


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