Padroni digitali e testardaggine italiana

Perché dovremmo smettere di costruire i nostri business solo su terreni digitali in affitto

Nella Silicon Valley, la velocità è sacra. Scala velocemente. Automatizza. Ottimizza. Muoviti veloce e rompi le cose (sii disruptive). In Italia, dovremmo muoverci diversamente. Abbiamo secoli di esperienza con “padroni di casa” che cambiano le regole. Eppure continuiamo a fidarci di quelli digitali.


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Keynote speaker a Como al Rotary Club per la serata Cyber Impact

La scorsa settimana ho avuto l’onore di essere il keynote speaker di uno degli incontri strategici del Rotary Club Como Baradello, per l’appuntamento “Cyber Impact: l’evoluzione dal web all’AI”. Ho parlato al Palace Hotel affacciato sul lago di Como, davanti a una platea formata da imprenditori, professionisti, dirigenti e fondatori di importanti realtà nazionali e internazionali. Il tipo di pubblico con cui è un piacere parlare di digitale e futuro, perché ascolta davvero.


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Hai mai sentito parlare di un Digitologo? Forse lo sei anche tu

Due parole che l’Italia tecnologica stava aspettando, ma che nessuno aveva davvero ancora definito.

Questi vocaboli forse erano già comparsi online da qualche parte, ma il loro significato no. “Digitalogia.” “Digitologo.” Cercali in rete e troverai poco o niente in Italia, a parte le ricorrenze del titolo del mio libro. Per quanto ne so, nessuno li ha mai usati, in pratica è come se avessi coniato dei neologismi, e comunque ho dato ordine al valore dei termini e alla loro correlazione.

Nel nostro Paese amiamo importare espressioni dall’inglese per tutto ciò che riguarda il mondo connesso. Growth hacking. Digital transformation. Social media manager. Ma quando si tratta della filosofia di convivere consapevolmente con la tecnologia, il vocabolario diventa confuso.


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I ragazzi non sono nativi digitali, ma sonnambuli digitali

Altro che nativi: i ragazzi camminano nel digitale come sonnambuli. E noi glielo lasciamo fare.

Ci piace dire che sono nativi digitali perché “nati con la tecnologia”. Che sono più svegli di noi. Che ci superano in tutto: velocità, destrezza, istinto. Basta guardarli usare uno smartphone per convincersi che il futuro sia già nelle loro mani. Ma il futuro non si maneggia: si capisce. E loro, semplicemente, non lo capiscono. E non è uno di quei pipponi da boomer nostalgico: io non voglio tornare negli anni ’90 fra walkman e partite di pallone in strada. Non ho mai giocato a pallone in strada. Io amo il digitale.


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Quando ChatGPT diventa il tuo supporto tecnico personale

Cosa succede quando il futuro del lavoro risolve i problemi del tuo Mac prima del team di assistenza ufficiale?

Il mio MacBook Pro nuovo di zecca aveva un problema strano. Ogni pochi minuti si bloccava per cinque secondi: abbastanza per farmi impazzire, ma non abbastanza per essere diagnosticabile. Nessun crash, nessun avviso, nessuna soluzione ovvia. Così ho chiesto a ChatGPT. Non a un motore di ricerca, non a un tecnico umano: a un assistente di intelligenza artificiale.


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Il tuo sito non è morto

È l’unico spazio digitale che ti appartiene davvero.

Da anni si ripete che i siti web sono morti. Conta solo stare sui social. Nessuno visita più una home page. Eppure, ogni volta che cambia un algoritmo, ogni volta che la visibilità crolla, ogni volta che un account viene bloccato senza spiegazioni, ci ricordiamo di quanto poco controllo abbiamo davvero sulla nostra presenza online.


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E se stessimo attraversando l’era digitale da sonnambuli?

Forse ci serve uno sguardo più lento, più umano. Forse proprio come quello italiano.

Passiamo ore online, scrolliamo, tocchiamo, reagiamo. Ma quanto spesso ci fermiamo a chiederci: tutto questo cosa ci sta facendo davvero? Siamo sempre connessi, ma sempre più disorientati. La linea tra informazione e manipolazione è sfumata. Abbiamo finito per adottare, sull’onda dell’americanizzazione tecnologica, una cultura digitale ossessionata dalla velocità, dalla visibilità e dalla ricerca continua di dopamina, ma non della consapevolezza.


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Digitalogia. Il libro che dovevo scrivere da anni.

Chi mi segue sa di cosa parlo: un digitale che va capito, e non subito usato. Social che spesso si trasformano in trappole. Algoritmi che decidono cosa vediamo e cosa pensiamo. Ma anche la realtà quotidiana che incontro ogni giorno: genitori spaesati di fronte agli smartphone dei figli, professionisti che rincorrono ogni novità senza capirci nulla, scuole che navigano a vista.


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