Quando un amico ti avvisa che sei sul giornale con Digitalogia, album e libro…
Una mattina ti svegli con una notifica da un amico: è la foto del Messaggero Veneto con la tua faccia a centro pagina (grazie Roberto). E infatti eccomi lì, in un bell’articolo sulla musica generativa che racconta il mio album Digitalogia – La colonna sonora e il libro che l’ha ispirato.
“…il caso dell’udinese Gabriele Gobbo, già noto per il bestseller Amazon ‘Digitalogia’. Ora quelle pagine si trasformano in musica: ‘Digitalogia – La colonna sonora’, un lavoro dove l’intelligenza artificiale è usata come uno strumento da suonare e dirigere, non come un generatore automatico…” — Elisa Russo, Messaggero Veneto
C’è una cosa che mi colpisce in tutto questo: mentre tutti parlano di AI che sostituisce l’uomo, qui succede il contrario, perdipiù su un quotidiano che per sua natura è generalista. E infatti l’album non nasce da una macchina che fa musica, ma da un umano che ha qualcosa da dire e usa la tecnologia per dirla meglio. La giornalista lo ha colto perfettamente e sono felice che migliaia di lettori possano scoprirlo.
Quando un libro pretende di diventare musica
Il vero motivo per cui ho fatto questo album è semplice: Digitalogia aveva ancora cose da raccontare. È stata la naturale evoluzione di un ragionamento che la sola parola scritta non riusciva a completare. Ogni capitolo del libro parlava di emozioni, atmosfere e tensioni che meritavano una traduzione sonora: il preambolo dedicato a mio padre è diventato una ballad; il capitolo sull’identità digitale, rock sperimentale; il “Social Zombing” (termine che ho coniato con Max Guadagnoli), punk distorto.
Non è stata la tecnologia a decidere i generi musicali. Sono stato io a scegliere l’atmosfera giusta per ogni tema e le parole da catare e interpretare, poi ho usato l’AI come un musicista usa un sintetizzatore: per dare corpo a una visione che resta umana.
Digitalogia ha preteso di suonare, chi sono io per dire di no?
Il punto non è che l’AI sia buona o cattiva. Il punto è come la usi. Ho trattato i modelli generativi non da compositori automatici, ma anzi, come un’orchestra di strumenti digitali. Diverse piattaforme per sperimentare e creare, per la base armonica, per la melodia, per l’arrangiamento. Non ho mai chiesto: fammi una canzone. Ho sempre diretto: sviluppa questo ritmo, mantieni quest’atmosfera, aggiungi tensione qui. Con ascolti ripetuti e modifiche continue. È la differenza tra delegare e dirigere. L’intelligenza artificiale non ha scritto l’album: l’ha suonato sotto la mia regia.
L’artigianato digitale è proprio questo: non farsi sostituire dalla macchina, ma usarla per amplificare un’intenzione umana. Come un falegname che usa una sega elettrica invece di una manuale: l’idea del mobile ce l’ha sempre lui.
Non sono un musicista, ma ho iniziato a dirigere le AI
Qualcuno dirà che un album fatto con l’AI non ha anima. Ma l’anima non sta sempre negli strumenti, sta in chi li suona. Un pianoforte non ha un’anima: ce l’ha il pianista. Lo stesso vale per qualsiasi tecnologia. Il risultato? Un album coerente, con una sua identità precisa, che parla agli esseri umani prima che agli algoritmi. Non è musica da concerto, ma una narrazione sonora. Come leggere un libro con le orecchie.
E intanto, mentre tutti si preoccupano che l’AI ci rubi il lavoro, io continuo a sperimentare e a pensare che ci aiuterà semplicemente a farlo meglio. L’unico requisito è non smettere di essere umani.
Digitalogia – La colonna sonora è disponibile su tutte le piattaforme di streaming. Il libro Digitalogia lo trovate su Amazon, anche in versione ebook, che è anche incluso con Kindle Unlimited.
P.S.: Se vi svegliate con la vostra faccia sul giornale, niente panico. È un buon segno.
— Sono l’autore di Digitalogia, già Bestseller Amazon in tre categorie: ‘Social Media’, ‘Introduzione alla sociologia’ e ‘Introduzione a Internet. Se queste riflessioni vi toccano, seguitemi su LinkedIn (in italiano) e Medium (in inglese).