Fra uno scroll e l’altro, mi sono imbattuto in una vecchia pubblicità, o meglio, réclame. Nel 1949 Western Electric ha tirato fuori questa pagina pubblicitaria che, a prima vista, sembra solo un’illustrazione vintage. Ma guardiamola meglio e facciamo una analisi al volo.
Ho fatto una canzone! No, dai, in realtà, non è che proprio l’ho fatta io. L’ha creata un’intelligenza artificiale, ma con un testo scritto da me, parola per parola. Ho preso il mio articolo Hype hype, hurrà! Quantum Computing: il nuovo hype è servito e l’ho trasformato in musica, grazie a Riffusion. Un esperimento per esplorare nuovi linguaggi, nuovi mezzi di comunicazione e vedere fin dove si può spingere la tecnologia quando si basa sulla creatività umana.
C’è un problema sul web: i banner popup. Fastidiosi, invadenti, ripetitivi. Sono ovunque come i semafori nel traffico cittadino: sappiamo che ci saranno, li odiamo, ma non possiamo evitarli. Checché ne dicano gli ad-blocker.
Il mercato tech non può restare senza un nuovo giocattolo. Bruciata l’AI, ecco servito il Quantum Computing, spinto dai big del settore. È davvero la prossima rivoluzione o solo un’altra bolla pronta a esplodere?
Come ho raccontato su queste colonne, il mondo online si è riempito di video deepfake che clonano politici e celebrità, spesso per attirare click su falsi servizi, dal trading alle cure dimagranti. Ma immaginate, per gioco, che questa tecnologia venga usata per rimpiazzare i deejay famosi, con schermi e ledwall che li proiettano in consolle. Fin qui, nulla di strano. Il vero salto sarebbe rendere questi cloni digitali “senzienti”, capaci di interagire con il pubblico e adattare in tempo reale il djset al mood della pista. Le tecnologie per farlo esistono già, manca solo chi le interconnetta in modo efficace.
Quando pensiamo ai deepfake, cioè i video di persone famose a cui fanno dire qualsiasi cosa grazie a sistemi di clonazione con l’intelligenza artificiale, probabilmente ci vengono in mente i post sui social dove vari cloni di Maria De Filippi, Montezemolo e altre celebrità di vari settori ci promettono lauti guadagni con piccoli investimenti. La classica truffa con fantomatica piattaforma di moltiplicazione del denaro. Ovviamente le immagini dei protagonisti dei video vengono usate a loro insaputa, e gli interessati non hanno mai fatto quelle dichiarazioni.
Ho realizzato per la rivista scientifica Agenda Digitale alcuni contenuti verticali sul Social Zombing, termine ideato da me e Max Guadagnoli per descrivere azioni malevole e attacchi mirati alla reputazione e ai canali digitali. Nei video e negli articoli pubblicati spiego in dettaglio il funzionamento del fenomeno e le principali tipologie di problematiche e attacchi coinvolti.
Sempre più potente e sempre più economica per gli utenti, è l’intelligenza artificiale generativa, da ChatGPT in giù. Quindi, più si abbassano i costi e più il rischio che sia inserita nel flusso di “lavoro” dei criminali è alto, anzi, è sicuro. Se mettiamo assieme generazione di testi, immagini, video e audio, capiamo che la produzione di fake è praticamente già qui.
Essere docente lecturer nel corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, durante una lezione in Cyber-Humanities di Marco Camisani Calzolari, è stata una grande fonte di energia e ispirazione.
Tornare in aula, dal vivo, fa sempre bene. Guardare negli occhi gli studenti per parlare di argomenti a me cari, come social media e comunicazione in ambito medico, mi ha permesso di portare esempi reali e concretezza. Perché oggi il medico, secondo me, è anche un comunicatore. O dovrebbe diventarlo, passo dopo passo. Che lo voglia o no, è esposto. E i social non sono uno strumento neutro: amplificano, moltiplicano, archiviano.
Ho parlato di reputazione digitale, di fiducia, di rischi ma anche di opportunità. Di come ogni post, ogni like, ogni parola detta in pubblico possa rafforzare il rapporto con i pazienti e con i cittadini. Ho cercato di dare nozioni e strumenti pratici, ma anche di far passare quanto sia importante la comunicazione in ogni ambito: dai media a internet, dalla TV ai blog.
È proprio in luoghi di conoscenza come questi che si capisce quanto sia necessario continuare a parlare di digitale anche – e forse soprattutto – in facoltà come Medicina. Perché oggi la cura può passare anche dalla comunicazione.
Sono sempre di più le piattaforme per pubblicare contenuti su internet, dai social media ai podcast, dallo streaming video ai piccoli blog. Per questo motivo molti pensano che il “sito web” sia obsoleto o addirittura passato di moda… roba da boomer, direbbero le nuove generazioni.